Il Patto della Montagna: il primo atto sulla parità salariale

Il Patto della Montagna: il primo atto sulla parità salariale

Le condizioni a cui erano costretti i lavoratori nelle fabbriche durante la Seconda Guerra Mondiale erano caratterizzate dalla privazione: mancanza di cibo e generi alimentari, paghe misere e aumento dei prezzi generale caratterizzavano la vita della manodopera italiana negli anni tra il 1940 e il 1945.

In questo contesto generale, per cercare di far riconoscere la difficile situazione e trovare soluzioni che potessero attenuare la situazione, nel marzo del 1943, a Torino, gli operai scesero in piazza e scioperarono, imitati in brevissimo tempo dai loro colleghi piemontesi e delle fabbriche delle principali città del Nord Italia. A Biella, in particolare, la partecipazione allo sciopero fu significativa, coinvolgendo anche operai e operaie provenienti dalle numerose aziende tessili della regione. I lavoratori decisero di incrociare le braccia, astenendosi dal lavoro, chiedendo “pane e pace”.

Gli scioperi avvenuti tra marzo e aprile del 1943 furono precursori di un periodo che assegnò un ruolo di primo piano ai lavoratori e ai cittadini di Biella che dovettero affrontare una repressione molto pesante a contrasto degli scioperi e rispetto alla partecipazione alla Resistenza. Contestualmente, crebbe anche la voce di molti industriali e proprietari delle fabbriche che ritenevano a ragione fondati e giusti i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, impegnandosi in prima persona a garantire il diritto a manifestare e tutelando i lavoratori all’interno delle fabbriche, rivendicando la proprietà privata delle stesse.

La collaborazione tra lavoratori ed imprenditori come fondamento per il Patto della Montagna
In questo contesto nasce il Patto della Montagna. In un clima certamente molto complesso e difficile ma anche fortemente collaborativo e di spinta ad innovare, a Biella si stabilirono delle relazioni strette tra operai e datori di lavoro che diedero avvio ai primi incontri tra sindacati clandestini e proprietari industriali, attraverso cui passarono i primi accordi per cercare di trovare una soluzione che portasse ad aumenti salariali.

Questo esempio fu seguito da altre realtà imprenditoriali Biellesi, finché nel marzo del 1945, in seguito a diversi incontri per discutere sulla possibilità di applicazione generale del Contratto per tutte le aziende del Biellese, si arrivò all’approvazione definitiva del  “Contratto della Montagna”, valido non soltanto per il settore tessile ma per la quasi totalità delle industrie del territorio.

I principi del Patto della Montagna e il ruolo delle donne lavoratrici
I principali punti innovativi del Patto della Montagna furono:

  • la partecipazione diretta dei lavoratori alla contrattazione, liberi dai condizionamenti di natura politica;
  • i rapporti collaborativi e di solidarietà tra lavoratori e industriali sulla spinta di un’idea di società più democratica ed aperta;
  • la riduzione dell’orario lavorativo da 48 a 40 ore settimanali;
  • il contratto livellatore per stabilire in concreto la parità retributiva tra donne e uomini. 

Quest’ultimo punto in particolare suscitò scalpore ed entusiasmo nelle donne che, per la prima volta, vennero riconosciute non solo come madri di famiglia e custodi della casa, così come l’immaginario fascista le aveva rappresentate fino ad allora, ma anche come lavoratrici. Durante gli anni di sciopero, un ruolo fondamentale fu infatti assunto dalle donne che, di fatto, costituivano la maggioranza della manodopera operaia nel Biellese ed erano state protagoniste delle rivendicazioni lavorative contribuendo nel concreto anche alla difesa degli uomini che rischiavano l’arruolamento forzato e la deportazione. Le donne, come emerge da diverse testimonianze, erano sfiancate dall’impegno ai telai e da quello in casa e non vedevano riconosciuta l’importanza del loro lavoro: per questo chiedevano la riduzione della giornata lavorativa e la parità di salario. Molte purtroppo furono incarcerate e subirono una dura repressione.

La decisione di stabilire una parità retributiva tra uomini e donne fu estremamente avanguardista e rappresentò il primo vero atto in Europa con cui fu stabilità, almeno sul piano formale, l’uguaglianza salariale tra donne e uomini. La stessa venne ottenuta solo dopo più di vent’anni in Europa e dopo grandi proteste e scioperi.

Oggi Biella è tra le principali mete dove i produttori e gli stilisti più famosi vanno a trovare tessuti. Questi prodotti si sono negli anni specializzati e contraddistinti per l’eccellenza dei filati, anche in seguito a grossi investimenti per consentire la sopravvivere alla concorrenza globale. Non si può non mettere in evidenza una relazione diretta e causale tra la qualità dei tessuti e la qualità delle relazioni produttive che hanno permesso a Biella di essere la prima città a introdurre un provvedimento fondamentale come la parità retributiva. La qualità dei prodotti è spesso indice di un ambiente lavorativo positivo, dove c’è un’attenzione specifica per il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori: ecco dimostrata l’importanza di sostenere misure di promozione della parità di genere e più in generale una cultura organizzativa antidiscriminatoria all’interno dell’azienda che tuteli la diversità e le pari opportunità sul luogo di lavoro.