Fuori di casa: storie di donne che hanno sfidato i luoghi comuni

Fuori di casa: storie di donne che hanno sfidato i luoghi comuni

In passato sono state molte le donne che, con il loro coraggio e la loro intraprendenza, hanno sfidato gli stereotipi di genere e sono state di ispirazione divenendo promotrici di cambiamento. Oggi vogliamo infatti approfondire la storia di ben tre donne venete che sono divenute simbolo di riscatto femminile.

Iniziamo con Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, nata nel 1646 a Venezia, ha lasciato un segno indelebile nella storia in quanto prima donna laureata al mondo. Il 25 giugno 1678, all’etĂ  di 32 anni, ottenne la laurea in filosofia, superando un traguardo precedentemente riservato esclusivamente agli uomini. Tuttavia, nonostante questa conquista straordinaria, le fu precluso di insegnare a causa del suo genere.
La donna era conosciuta giĂ  ben prima della laurea – non solo in Italia ma anche all’estero – grazie alla sua cultura e alle sue competenze linguistiche.
Sostenuta dal padre Giovanni Battista, un influente e istruito procuratore della Repubblica di Venezia, Elena Lucrezia celava un temperamento orgoglioso, ribelle e appassionato. La sua laurea è divenuta un simbolo di emancipazione femminile, sfidando le convenzioni dell’epoca e la mentalitĂ  ostile all’istruzione femminile.
Nonostante l’opposizione del cardinale Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, riuscì a superare brillantemente l’esame pubblico di fronte a una vasta folla. Lucrezia Cornaro Piscopia è stata e rimane una figura rispettata e ammirata nella storia italiana, un’icona per il movimento dei diritti delle donne.
La sua storia continua infatti a ispirare e a essere ricordata come un importante traguardo nella lotta per l’uguaglianza di genere e l’accesso all’istruzione.

Elisabetta Caminer Turra, nata a Venezia il 29 luglio 1751, fu invece una figura rivoluzionaria nell’ambito della scrittura e dell’editoria italiana. Spesso considerata la prima giornalista donna del Paese, è stata una protagonista del fervido dibattito culturale e ideologico del suo tempo. In un’epoca in cui la presenza femminile nel giornalismo era vista con sospetto o come una stranezza, Elisabetta ha sfidato gli stereotipi e si è imposta come una voce autorevole.
Figlia di Domenico Caminer, noto storico e giornalista, fin da giovane Elisabetta venne avviata al mestiere di modista, conformemente alle aspettative sociali del tempo. Tuttavia, la sua vera passione era la letteratura, e da autodidatta imparò il francese per poter leggere opere di autori come Voltaire e altri illuministi. Mentre svolgeva il lavoro di modista, segretamente si immerse nei classici come Omero ed Euripide, oltre che negli scritti filosofici di Voltaire e Montesquieu, dimostrando una sete insaziabile di conoscenza.
GiĂ  a dodici anni pubblicò il suo primo sonetto e lavorò per l’azienda letteraria del padre come copista, dedicandosi anche a traduzioni e creazioni poetiche. La sua vita divenne intimamente legata alla scrittura, circondata da libri, carta e inchiostro.
La cognata di Elisabetta, Gioseffa Cornoldi Caminer, fu fondatrice del primo periodico femminile, “La donna galante ed erudita”, al quale Elisabetta contribuì traducendo e redigendo articoli su storia, letteratura e scienza. Nel 1779, con il sostegno del marito e la sua tenacia, Elisabetta aprì la sua stamperia a Contra’ Canove.
Collaborò all'”Europa letteraria” e insieme al padre fondò il “Giornale enciclopedico”, che nel 1783 divenne il “Nuovo Giornale enciclopedico”, sotto la sua direzione.
Elisabetta ha tracciato una strada di libertĂ  e emancipazione, mostrando con coraggio e originalitĂ  un cammino verso l’indipendenza e l’autonomia, un esempio ancora rilevante oggi, oltre duecento anni dopo. Attraverso il suo lavoro instancabile, la sua intelligenza e la sua determinazione, ha scritto una nuova pagina nella storia del giornalismo italiano del XVIII secolo, brillando in un campo allora considerato esclusivamente maschile.

Vogliamo dedicare delle righe anche ad Antonia Masanello, una patriota italiana che si distinse come combattente nella storica spedizione dei Mille in Sicilia, nacque nel 1833 a Montemerlo, in provincia di Padova.
Dotata di un coraggio innato e di un’anima combattiva, decise di scegliere l’esilio insieme all’uomo che amava. Si era infatti sposata con un rivoluzionario come lei, e, dopo tempi difficili di esilio, insieme a lui decide di imbarcarsi sulla “quarta spedizione”, nel 1860, per arrivare in Sicilia: Antonia e il marito furono due dei Mille che insieme a Garibaldi unificarono il nostro Paese. Antonia aveva però un problema: era una donna, nata nel 1833, e in quanto tale non poteva prendere parte alla spedizione. Antonia si arruolò dunque sotto falsa identitĂ , presentandosi come “Antonio Marinello” (usò il cognome del marito) , e si infiltrò, travestita da uomo, nella campagna di liberazione contro l’esercito delle Due Sicilie.
Il travestimento da uomo è stato un artificio che ha consentito alle donne, nelle varie epoche, di superare i limiti imposti dalla loro identitĂ  di genere, permettendo loro di manifestare le proprie capacitĂ , le quali altrimenti sarebbero rimaste soffocate dall’oppressione da norme culturali e giuridiche, pregiudizi e divieti.
Antonia incarna quindi non solo il valore della lotta per la libertĂ  e l’indipendenza del suo popolo, ma anche il coraggio e la determinazione delle donne che hanno sfidato i confini imposti dalla societĂ  per difendere le loro idee.